Quegli interventi che lasciano perplessi - Corriere di Taranto

2022-10-22 20:16:11 By : Mr. Ye Blair

Conoscere, interpretare, proporre: sono i principi fondamentali per agire nel tessuto socio-economico di una città. Difficile discostarsene se soltanto si hanno a cuore le sorti di una comunità e di conseguenza tutto ciò che accompagna il vivere quotidiano della stessa. Eppure, spesso la storia di questa città pare scardinare tali principi, quasi in una sorta di ribellione sistematica dal significato distorto del senso di libertà. Insomma, “non rispetto il principio perchè sono libero”. Ma è vera libertà oppure presunzione? Di che parliamo? Beh, a noi sembra che alcuni futuri interventi urbanistici in città lascino quantomeno perplessi. Sì, seminano dubbi e non pochi. Prendete l’area adiacente la chiesa di San Giuseppe in Città vecchia, all’imbocco della Via Nuova. Bene, il rendering diffuso dal Comune di Taranto ha sollevato non poche critiche. Certo, il palazzo – anzi, il rudere perchè di questo si tratta – che sarà sottoposto a lavori (aggiudicati a una ATI per un importo di poco più di 1,5 milioni di euro) sembra un restyling… a mano libera. “No! E’ proprio di pessimo gusto. Ma non è degli elementi estetici che voglio parlare. Sono elementi discutibili in questo caso secondari rispetto ai gravi interrogativi che l’intervento, almeno stando al rendering che ci viene propinato, solleva”, per esempio è la dura critica che ha sollevato nei giorni scorsi Nello De Gregorio, operatore culturale ben noto in città. Il quale aggiunge con dovizia di particolari: “Ancora una volta ci troviamo, e speriamo che questo andazzo abbia a finire presto, di fronte ad un intervento già in fase di cantierizzazione senza che lo stesso sia stato preceduto da un confronto in fase di programmazione e progettazione preliminare. Eppure si trattava del primo significativo intervento nel più generale programma di risanamento e rigenerazione di Città vecchia oltretutto in un posto abbastanza strategico al centro di via Garibaldi. E veniamo in premessa a due interrogativi a cui qualche risposta va data. Perchè si è persa l’occasione per un approccio alla progettazione che avesse a riferimento il comparto o l’isolato (Blandino docet)? Secondo interrogativo. Solitamente quando le preesistenze, e questo è tutto da vedere, non sono sufficienti ad integrare un effettivo recupero, si procede su ben altre strade tranne che quella che è stata scelta di riprodurre una sorta di falso storico con richiamo ai profili precedenti peraltro abbondantemente alterati perfino con una sopraelevazione. Gli elementi architettonici ricorrenti e scenografici partecipano in maniera importante alla ricostruzione della scena urbana, soprattutto nella parziale sostituzione e/o integrazione edilizia. Nel nostro caso vi sono tra l’altro balconi in carparo, stemma scolpito in pietra, archi, persiane, ecc.. Tutto per limitare al massimo i nuovi elementi per raggiungere lo scopo di una reintegrazione totale o parziale. Il progetto dunque si direbbe insensibile alle preesistenze se non in maniera ‘impropria’ (vedi la strana facciata principale con persiane arretrate del tipo “coloniale” ed alcuni residui balconi laterali) invece di indicare un ridimensionamento verticale per demolizione di sopraelevazione (si tratta di un’opera pubblica) compromette le condizioni di illuminazione e soleggiamento dell’isolato successivo, arrivando a proporre, in dispregio a tali norme, una sopraelevazione proprio verso il lato più delicato. Inoltre non si capisce come vengono trattate le superfici di usura delle strade, dei vicoli, delle cordonate, che si spera siano di pietra dello stesso tipo e dimensione di quelli esistenti e presenti della Città vecchia”. Dunque, una critica piuttosto feroce. Non entriamo nel merito delle scelte, anche se con tutta sincerità titubiamo sui balconi rientranti e sul solarium. Piuttosto, e qui torniamo ai principi, ci preoccupa quello che sembra essere un modo di fare assunto nelle scelte: nessuna o poca voglia di conoscere, nessuna o poca voglia di interpretare, nessuna o poca voglia di proporre rispetto al contesto in cui si va a operare. Non siamo urbanisti, lungi da noi desideri tuttologi. Però, di grazia: non sarebbe il caso – e vale per tutti gli interventi di recupero, specie in Città vecchia – di calarsi maggiormente nella realtà in cui si va ad operare? Giusto per rendere più facile il nostro pensiero. Se rifare la pavimentazione (così come purtroppo fatto in passato) in Città vecchia vuol dire asfaltare o deporre pietra di Trani anzichè rispolverare il basolato, di quale recupero storico stiamo parlando? Troppe ferite sono state inferte alla Città vecchia: non sarebbe oggi il caso di cambiare la rotta e quindi finalmente rispettarla anche nel suo lungo, lunghissimo e faticosissimo percorso di recupero delle sue caratteristiche e delle sue stratificazioni storiche, per quanto possibile? E, ancora, non sarebbe il caso di incentivare e insistere con le scelte partecipate? Conoscere, interpretare, proporre. Vale anche per la scelta dell’area per la costruzione dello Stadio del Nuoto, in vista dei Giochi del Mediterraneo del 2026. Ora, qui non si discute l’opera ma l’ubicazione. E cioè: l’unica area affacciata sul mare ancora libera da costruzioni. E che si fa? La occupiamo con un impianto che non sarà certo piccolo piccolo… Dunque, a Taranto si parla spesso di abbattimento del muraglione dell’Arsenale per godere finalmente della vista sul Mar Piccolo, ma nel frattempo chiudiamo per sempre l’affaccio a mare sul Mar Grande. Non vi sembra una contraddizione? Conoscere, interpretare, proporre. Già, ma da queste parti certi valori pare proprio non valgano…

Il posto e’ perfetto. (abbandonato da secoli) e cosi’ verra rivalorizzato. Mi sembrano tutte lamentele funzionali alla squallida opposizione che c’e’ in comune.

Le squallide opposizioni ( entrambi dipende dai periodi) non hanno mai saputo fare critiche costruttive, non sono in grado di proporre, interpretare e di conoscere la realtà cittadina bensì solo depredare, saccheggiare le casse comunali in connivenza con la maggioranza e fuggire nei luoghi di provenienza come dei pirati. Ricordiamoci che prima di fare Taranto dovremmo formare i tarantini. Da secoli nessuno ha mai proposto di rendere balneabile tutti gli specchi d’ acqua dei Due Mari anche per fini turistici, di sviluppare stabilimenti balneari, postazioni per il ristoro, tempo libero, pesca e sport vari parchi divertimento e tematici. Guarda caso quando si propose di realizzare un acquario sbucarono dal nulla,nella città devastata e stuprata dall’ inquinamento industriale, ambientalisti ed animalisti ( miracolo ! ). Insomma possiamo dire che a Taranto nessuno ha una visione del futuro e tutti con ignavia guardano la nave che affonda sempre più negli abissi.

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